VITE E DESTINI

Memorie profetiche del Novecento


di

Gabriella Caramore

Realizzazione grafica di Roberto Berardi

“La filosofia nei luoghi del silenzio”
Nuova Accademia a cura di Silvia Alberani.
Abbazia di Maguzzano    12-18 agosto 2024

I drammi dentro i quali siamo attanagliati in questo momento storico hanno radici remote in un tempo profondo al quale non si riesce più a risalire. Ma anche se ci fermiamo soltanto al secolo scorso, possiamo constatare come molti dei fulcri delle crisi attuali abbiano radice in momenti di estrema tensione, che si concentrano nei luoghi chiave delle tragedie attuali. La Russia nel suo eterno amore/odio con l’Occidente; l’Ucraina come anello fatale tra Oriente e Occidente; l’Europa con il suo sogno di una carta costituzionale in grado di salvare il mondo; la questione ebraica che torna a farsi tragedia in Medio Oriente. Profezie che non abbiamo saputo cogliere? Eppure ci sono state figure – alcune davvero esemplari – che hanno incarnato una tensione estrema tra la speranza e il disastro, tra la lucidità di analisi e l’incapacità di vedere o far vedere la dura realtà e le insidie che nasconde. Nei luoghi e nei volti di alcune vite si intravvede l’agire di un destino, il rapporto che intercorre tra le singole storie di ciascuno e la grande storia in cui sono collocate. Abbiamo decine e decine di immagini che documentano i minuti passaggi delle singole esistenze e che fanno da eloquente sfondo alla narrazione.

Pavel Florenskij, 1882-1937. Il grande scienziato, filosofo, teologo russo, che, imprigionato nel gulag delle Solovkij, per la sua fedeltà al sapere, alla conoscenza, allo stupore, alla bontà, fu trucidato in un bosco nel 1937, e nessuno, neppure la famiglia, seppe più nulla di lui fino alla recente apertura degli archivi del Cremlino. Aveva compreso, e trasmesso ai suoi figli, che nulla può l’inerme contro la dittatura e il totalitarismo. Quando il male dilaga, il giusto soccombe. E tuttavia non può sottrarsi al compito di vivere secondo giustizia e facendo dono della sua vita.

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Vasilij Grossman, 1905-1964. Forse il più grande fra gli scrittori del secolo. Autore di quel capolavoro che è “Vita e destino” (da cui il titolo di questo lavoro), una struggente epopea della Russia nel cuore del secolo, in cui però accade anche una trasformazione: Grossman da cantore del regime sovietico e del popolo russo, che aveva cantato le gesta dei soldati a Stalingrado, capisce – e dice infine apertamente – che i totalitarismi si equivalgono tutti, e solo un “piccolo bene” nascosto può resistere all’abominio del potere. Anche quando scopre che ai pogrom nella sua Ucraina, in cui era rimasta uccisa anche la madre, aveva partecipato con ferocia anche la popolazione ucraina. Quale eredità si porta appresso l’Ucraina di oggi?

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Simone Weil, 1909-1943.  “Non il soprannaturale, ma questo mondo è l’oggetto della mia ricerca”. Una vita bruciata dalla passione di conoscenza, che negli ultimi mesi arriva a lasciarci parole sapienti, e inascoltate, per il futuro. Più che indagare tra gli scritti mistici, è opportuno cercare di guardare a quelle essenziali annotazioni che aveva lasciato, quando morì giovanissima, a Londra, in vista di un’Europa che avrebbe dovuto assumersi il compito di elaborare dei “doveri” nei confronti dell’umanità intera. Oggi possiamo constatare quanto sia costato non averle dato retta.

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Antonia Pozzi. Milano, 13 febbraio 1912 – Milano 3 dicembre 1938
“Mi sento in un destino”.
Nel “secolo delle donne”, nel secolo che ha visto il processo di emancipazione delle donne, pur tra mille difficoltà e ricadute, alcune non ce l’hanno fatta: per eccesso di sensibilità e per ottusità di chi avrebbe dovuto infondere loro coraggio.

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Amos Oz, 1939-2018. Ed eccoci catapultati nella tragedia del Medio Oriente. Con Amos Oz che ha vissuto, bambino, lo strazio delle memorie tremende del suo popolo, il sogno di avere un paese e la pace in Palestina, il travaglio bellicoso di decenni, e il terribile epilogo che per sua fortuna non ha conosciuto. E tuttavia, le sue parole contro ogni fanatismo sono ancora le uniche che possiamo frequentare e in cui sperare.

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